lunedì 30 aprile 2012

Torte parallele


Pescatore
In segno di sincera/stima particolare/scegli liberamente/come ti devo friggere/e come cucinare./Ti piace la padella/o vuoi, caro tesoro,/esser cotto in tegame/con olio e pomodoro?
Pinocchio
Se devo scegliere,/in verità/io scelgo subito/la libertà.
Pescatore
Sai che faccio? Ti friggo a fuoco lento/con gli altri pesci e rimarrai contento:/ché l’esser fritto in buona compagnia/ti dà buon appetito ed allegria.
[L. Compagnone, La ballata di Pinocchio, Stampatori 1980]

E’ straordinario come negli stessi spazi e per andare negli stessi luoghi gli uomini abbiano disegnato e percorrano strade diverse: alcune si chiamano arterie principali, altre strade secondarie.
In genere corrono parallele (idealmente parallele, almeno), a volte una delle due è più lunga, più lenta o più scomoda; a volte l’altra è più alberata o soleggiata, sterrata o  asfaltata, frequentata o solitaria.
Fatto sta che se vogliamo camminare dobbiamo scegliere per dove.  
Crediamo di scegliere, sarebbe meglio dire, perché il più delle volte sono l’attesa di chi ci ama, il malanno del giorno o il destino che ci aspetta a scegliere per noi: allora accade che avremmo potuto o potremmo fare grandi viaggi, e invece calpestiamo ciò che non vogliamo e non conosciamo. 
Capita allora che la strada parallela al viale del denaro e del successo si chiami viottolo della torta, quella che si prepara con un figlio malato che solo quello può fare.
Dosare, mescolare, impastare, ricette a memoria senza leggere o scrivere. Tanto meno far di conto. Tornano lo stesso a casa la sera e ripartono il mattino, padre e figlio, vivono e respirano lo stesso, senza attraversare la via dei grandi progetti, ma solo quella dello zucchero e delle uova.
Le torte che le madri amano preparare sono autostrade del gusto e del ricordo, queste torte parallele sono i sentieri sorprendenti della vita.

lunedì 23 aprile 2012

I bambini sono un treno

“Mi tieni il bambino?” disse Maria a Giuseppe, porgendogli un fagotto di stracci più pesante di quanto potesse lasciare immaginare la sola stoffa. E Giuseppe lo prese per la prima volta e lo tenne con imbarazzo (“non so se lo so fare”), poi più sicuro e stupito del piacere che stava provando”.

I bambini sono un treno,
in viaggio dove non si sa.
I bambini sono un treno,
alla meta con noi o anche no.
I bambini sono un treno,
qualche volti li prendi e altre li perdi.
I bambini sono un treno,
un sogno da lontano, i brividi vicino.
I bambini sono un treno,
pensando all’inventore.
I bambini sono un treno,
l’altrove senza noia.
I bambini sono un treno,
domani o un minuto è troppo tardi.
I bambini sono un treno,
potrei volere scendere.
I bambini sono un treno,
si parla e si sta zitti.
I bambini sono un treno,
partono e ripartono.
I bambini sono un treno,
non tornano mai.

Comunque sia, nelle stazioni ci si ama molto.

domenica 15 aprile 2012

La pazienza dell'acero

Hai notato come sembrano artificiali gli alberi di notte?
Gli alberi sono un teatro di notte”
(E. Hopper)

“Aspetta, aspetta...” comincia così la favola dell’acero rosso.
Silenzioso come fragola di bosco e squama di armadillo,
scruta il cielo e ama la terra.

Non vedrà il mare né Parigi,
solo formiche e farfalle
per imparare la fatica del vivere e i sogni dei viandanti.

Nei domani senza respiri,
più di libri o gatti,
dirà l'onestà che fu.

sabato 7 aprile 2012

Lato bi

Sai di essere l’unica persona che scuote il capo esasperata quando mi ostino a fare battute e chiacchiere insulse, quando mi rifiuto di essere diretto. A nessun altro ha mai dato tanto fastidio quanto a te. Sei il solo a volere che dica sempre qualcosa di vero.
[C. Tóibín, La famiglia vuota, Bompiani 2012]

Dovremmo frequentare dei corsi (e non basterebbe), per capire il lato bi.

Della domenica, il lunedì.

Di capodanno, l’ultimo giorno dell’ultimo mese.

Di un bacio, l’alito.

Di un bambino, l’adolescenza.

Di una promessa, l’ansia.

Di una partenza, il ritorno.

Di una dormita, i capelli schiacciati sulla nuca.

Di un libro letto, il dorso piegato.

Di una pizza, il bordo di pane scartato.

Dello sport, il sudore.

Di un saluto, il commiato.

Di un mazzo di fiori, un prato o una serra vuoti.

Della discrezione, l’indifferenza.

Di una parola, il silenzio.

Della vita, i cecchini.

Qualcuno lo potrebbe chiamare anche verità, ma il suo soprannome è lato bi.