domenica 7 aprile 2013

Saccheggio


La propria vita privata non è mai un libro così come un sogno non è mai un quadro. Vivere non è scrivere, così come sognare non è dipingere o scolpire. Basta soffrire per essere un poeta? Basta vivere un grave lutto o una grave malattia per essere uno scrittore? O, ancora, più semplicemente, basta scrivere per generare scrittura? E quando il diario privato di un racconto biografico assume la dignità di un’opera? A mio giudizio solo quando la scrittura ha saputo trasfigurare il vissuto passionale più privato in una forma che attribuisce a quella esperienza singolare un valore universale [...].
[Massimo Recalcati, Una questione privata, in la Repubblica del 31 marzo 2013]


So bene che Recalcati voleva dire altro. Però...
Ricordo qualche titolo di libro, L’uovo alla kok, Il meglio che possa capitare a una brioche e il recentissimo Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia. Nulla che faccia pensare al racconto di un’esperienza o dolore privati, ma certo eco di un’attenzione al quotidiano (lessicale e concettuale) su cui affacciare la propria scienza e coscienza.
Ripenso ancora alla voce che vuole Goffredo Fofi mentore di un Saviano giovanissimo a cui consigliava, se avesse voluto continuare a scrivere, di cercare i soggetti osservando e raccontando la vita che scorreva sotto le sue finestre.
Il punto forse allora è questo: oggi le nostre vite, e non necessariamente private, si affacciano su una realtà piccola (nana), che non sa più di guerre e di paci, né di viceré o di moby dick.
E ormai da tempo non circolano e non si frequentano più né i vecchi e i mari, i doni della vita o le cognizioni dei dolori.
Non possiamo accettare (invocare) la trasformazione digitale e poi non immaginare che sia in atto anche un cambiamento estetico ed etico (del canone occidentale?) della scrittura (e della lettura).
Un giorno forse (è quasi certo) si parlerà di questi tempi come di un medioevo (buio) della produzione letteraria. Ma ora ci siamo immersi e poco si vede ("Noi veggiam, come quei c'ha mala luce, le cose [...]Quando s'appressano o son, tutto è vano nostro intelletto”).
Nel frattempo saccheggiamo ciò che incontriamo sulle nostre strade (che magari sono solo cortili).
E’ andata così.