lunedì 26 marzo 2012

La ragazza sull'altalena

Mi ha detto:
“Sono sull’altalena”
A quest’ora della notte?
“Sì, passeggio tra i fiori del bosco
e faccio l’amore con l’aria”.
“Vorrei invecchiare lenta, sai,
come le case che hanno muri nascosti e non rughe a cielo aperto.
Non hanno neppure il coraggio di morire,
le lasciamo noi, per carità”.
Non so se nostalgia di vita sia più forte
della terra sotto l' altalena,
seminata di necessità.

lunedì 19 marzo 2012

Didascalie









Se ne farebbe volentieri a meno.

Il cantante all’aeroporto con il figlio adottivo (dell’aggettivo).

Il ministro esce dal palazzo con la moglie (della rassicurazione).

I compagni di viaggio sono una coppia senza figli (della corretta informazione).

La centrale nucleare domina il paesaggio agricolo (di quel verbo da prima guerra punica).

In questo momento Dio ti ama (che ce lo dica una voce fuori mischia).

Sì, se ne farebbe a meno.

Resterebbe lo spazio per vedere un bambino con una donna accanto a una famiglia, mentre guardano tutti un paesaggio comunque amato da Dio.
Resterebbe il tempo di immaginare e sperare che quella non sia una pipa (o che lo sia davvero).

lunedì 12 marzo 2012

Oci ciornie

Irwin [...] E tu, Scripps, visto che ti sta tanto a cuore la verità, sappi che agli esami la verità conta come la sete per un sommelier o la moda per una spogliarellista.
[A. Bennett, Gli studenti di storia, Adelphi 2012]

Vorrei essere finestra, a volte.
Spesso.
Non fiore o albero che pure amo perdutamente.
Solo due ante, aperte o chiuse a ritmi regolari,
sonno e veglia, giorno e notte,
un cuore che batte
senza coscienza.
Pura meccanica di braccia la mattina e la sera,
di occhi veloci nel primo o nell’ultimo buio.
Vedere e non vedere quando è tempo.
Vorrei credere che basti a proteggere,
a salvare la vita dentro le mura,
dietro la luce che arriva o lascia
inerte la materia grigia degli addii,
dei baci e della verità.

lunedì 5 marzo 2012

Unità di misura

Viviamo più a lungo,
ma con minore esattezza
e con frasi più brevi”.
(W. Szymborska)

Bisogna porre rimedio a questa poca cosa della nostra vita imprecisa.
Ci insegnano a essere sobri di azioni e parole, quasi fosse una novità.
Già la maestra Adriana diceva di togliere aggettivi nei temi, “ché tanto si capisce lo stesso quello che volete dire”.
Ricordo il nostro gioco inventato per sfuggire alle regole ferree che aveva imposto: sostituire l’aggettivo di turno riferito a qualunque cosa con il nome di un compagno o un parente.
Nacquero così le giornate cesarine e i temporali luigi; c’era la stagione marta e quella maria, la festa andrea e il malumore giancarlo; le idee isabelle e il sorriso martino.
E quando l’ho conosciuto, la maestra Adriana era già morta da un pezzo, lui è diventato subito il tempo alberto, leggero e segreto come i bulbi da piantare e il mare da ascoltare in primavera.
In esattezza, la scuola insegna, ma la vita un po’ di più.