sabato 2 agosto 2008

Prima di

R. Sappiamo di essere il nostro corpo, ma pensiamo di averlo , come se la coscienza avesse un altro ordine di esistenza, stesse nel corpo come in una casa, lumaca nel guscio. Dirci: il corpo è la prima cosa che ho e il corpo sono io, non fa esattamente lo stesso. Essere e avere non sono lo stesso.
[M. Freire e R. Rossanda, La perdita, Bollati Boringhieri 2008]

Un uomo si sente dire la diagnosi del male incurabile che l’ha colpito.
E dopo?
Al medico non spetta altro compito.
La moglie non osa dire nulla poiché nulla ha mai osato.
I figli hanno sempre obbedito senza il permesso di pensare.
E l’uomo resta solo a imprecare sulla disgrazia, sulla maledetta sfortuna che gli è capitata, proprio adesso.
C’è stato un tempo in cui l’uomo dettava la legge della sua casa, sorrideva devota la moglie, proni i figli, alienati dal fuoco di giovinezza.
E la parola non era che una. La sua, che non ne permetteva un’altra dopo.
Adesso è tardi. Demente la moglie, assassini i figli.
Le parole del dopo hanno bisogno di una vita prima.

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