domenica 3 ottobre 2010

Spulciare la verdura

Bisognava sbrogliare, tagliare le nuvole a pezzetti, mettere ciascun filamento in un pozzetto, su una piastra. Invece di mescolare tutto alla rinfusa in un’enorme valigia impossibile da portare. Avrebbe affrontato gli ostacoli come aveva imparato lì, spalando le nuvole.
[Fred Vargas, Sotto i venti di nettuno, Einaudi 2005]

“Ti voglio un sacco di bene, ho un sacco di voglia di vederti, mi hai fatto un sacco di male”, si dice a volte. Come se fosse necessario ammucchiare per essere creduti.
Forse abbiamo imparato dal cielo che accumula nuvole per essere del tutto vero o dalla sabbia che non farebbe paura a nessuno con un granello qua e un granello là o dal mare che nessuno immagina singolare.
E anche una pagina trova senso in un libro e i chicchi diventano risotto e un chilo di zucchero è solo una somma, dolce ma una somma.
E poi ci diciamo spaventati dai problemi della vita, come se la vita stessa da sola non bastasse ad atterrire. Quando accade, possiamo sperare di uscirne solo spalando le foglie, toglierle una dopo l’altra dal mucchio che sono diventate, cadute da sole e morte insieme sul ciglio dei nostri pensieri.

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