La caratteristica principale della nostra esistenza è la suspense. Nessuno – assolutamente nessuno – può sapere come andrà a finire.
[S. Bellow, Quello col piede in bocca e altri racconti, Mondadori 1984]
Forse il destino lo leggiamo solo dopo. E solo allora, quella che crediamo la nostra storia diventa tale.
Prima invece confondiamo la vita con la storia, come se fossero sinonimi, come se quello che facciamo avesse davvero un inizio (nasciamo), uno sviluppo (cresciamo e dintorni), e una fine (moriamo). Come in un film o in un libro (meglio dire come nel più banale dei compiti che a scuola ci hanno sempre assegnato).
Sarebbe più intelligente pensare che siamo un po’ più piccoli, un po’ meno di una storia, solo lettere dell’alfabeto.
Perché, sì, iniziamo e finiamo, questo è certo, ma per il resto... chissà in quale capitolo siamo protagonisti e in quale comprimari.
Da vicino, tutti si vedono solo stampati maiuscoli e maiuscolamente vivono.
Incontri, amori, amicizie, dolori, gioie saranno stati punti, virgole, esclamazioni o spazi bianchi?
Varrebbe la pena di pazientare un po’, tanto poi finisce e allora scopriamo che solo imparando a leggere anche il corsivo minuscolo siamo stati un po’ vittime e un po’ assassini.
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