[…] crediamo nel Natale come in ogni cosa in cui credono gli uomini, come crediamo nell’estate e nell’inverno, nel mattino, nel pomeriggio e nella sera […] Il Natale è l’unico giorno che gli uomini di buona volontà hanno in comune con gli uomini di cattiva volontà. E avere pace e comunione, per un giorno, anche con le più nere carogne della società umana significa credere in un tempo in cui vi sarà comunione senza che più vi siano carogne.
[Elio Vittorini, Diario in pubblico, Bompiani 1976]
La storia finisce un po’ male.
Gesù nasce, ma poi muore. E muore tragicamente e drammaticamente isolato e solo.
Come del resto era nato altrettanto solo e rifiutato. Solo la luce del cielo che l’aveva voluto si era accorta della sua voglia di vivere, della donna senza la quale sarebbe stato solo dio, dell’uomo che li ha protetti e ha vegliato su quella pancia di terra e spirito che era cresciuta sotto gli occhi di tutti senza che nessuno vedesse.
Anche alla fine il cielo si è accorto di lui e ha soffocato nel buio le lacrime di una madre che aveva perso ciò che non aveva mai avuto e la ribellione di un figlio che avrebbe potuto non esserlo.
Ma questa è la fine, e noi siamo solo all’inizio.
E all’inizio la storia sorride e ci appassiona perché, contro tutto e tutti, grandi cose promette il prodigio dell’amore assoluto che la madre, il figlio e il padre custode incarnano.
E vissero felici e contenti vorremmo pensare la sera di ogni natale. Come accade nelle favole belle, ci aspettiamo che cali il sipario e vivano la loro vita, per la quale ci sembra abbiano già faticato tanto, e la famiglia cresca come vorremmo crescessero le nostre, con i figli, qualche acciacco o litigio e i dolori, sì ma il giusto, che tocchi un po’ a tutti. E poi la vecchiaia, va bene, ma con i nipoti e una morte un po’ finta e la sopravvivenza assicurata dalle generazioni che abbiamo contribuito a far nascere.
Saremmo tutti più al sicuro delle nostre certezze se questa famiglia somigliasse all’idea che noi abbiamo delle nostre. Chissà dove abbiamo raccolto tante aspettative, chissà perché coltiviamo frustrazioni.
Basterebbe vedere che nulla vi è di rassicurante a Betlemme. Il nostro bisogno di consolazione non abita lì.
In quella notte, è nata, in fondo, solo la comunione tra diversi. E prima inconciliabili.
continua…
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