mercoledì 5 dicembre 2007

UNO

PETIT NÖEL
S’avvicina il Natale.
Gesù, portami via.
La tua è la più bella bugia
che possa allettare un mortale.

[Giorgio Caproni, da Res amissa, Garzanti 1991]

Almeno adesso siamo in dicembre e si può fare il conto alla rovescia senza dover usare le mani di troppi parenti.
A ottobre è comparso il primo panettone e nessuno ancora immaginava il cappotto.
Prima di Ognissanti sugli scaffali dei supermercati si sono sdraiati frutta secca, praline e torroni.
L’undici di novembre è stato indimenticabile: almeno quattro operai armeggiavano alle luminarie di un grande centro commerciale. Il giorno dopo ho verificato: alberoni natalizi, obesi come solo il natale che il perfetto commerciante immagina, illuminavano strade ancora sufficientemente baciate dal sole.
Da allora ogni settimana un segnale in più.
Il calendario dell’avvento con le sorprese di cioccolato appeso dietro la porta d’ingresso dei vicini.
Qualche corona di vischio artificiale sui portoni di sicurezza di villette perbene, pronte ad accogliere l’unico ladro amato, il Babbo Natale avvinghiato alla grondaia.
La novità dei Babbi che neanche hanno voglia di faticare, stesi sull’amaca lasciata in giardino dall’estate, forse proprio per la ricorrenza.
Senza contare che da due mesi sento chiedere: “Che cosa compri per natale? Cosa ti metti? Dove vai a natale?”.
Insomma, natale non è più una festa è una stagione, la quinta, desiderata più delle altre quattro, ambita almeno quanto l’ altra, la sesta, aggiunta in risposta al bisogno di diversificare i consumi, il ferragosto. O forse, natale e ferragosto sono semplicemente i superlativi intimi di inverno ed estate, che volendo, ma non potendo, farsi chiamare come vorrebbero - in omaggio al freddissimo e al caldissimo che la tradizione impone loro - estatissima e invernissimo, hanno scelto per sé e di sé le parti che siano sinonimi di esagerato benessere, che facciano sentire la gente finalmente ricca di qualche cosa.
Per qualcuno, però, le tappe settimanali di avvicinamento all’evento sono una iattura, segnano l’avvicinarsi inesorabile di acquisti e pranzi, auguri e sorrisi, note a volte impietose del contratto che si sottoscrive tacitamente vivendo. Natale come una tassa, in pratica, una rata del mutuo a vita che si firma con il primo vagito. Non tutti, in effetti, hanno voglia di ricordare che si deve ancora assolvere, magari con i capelli ormai bianchi, a un debito che nel corso degli anni ci ha prosciugato le casse e i sentimenti e i cui interessi ci tramandiamo di generazione in generazione. Senza che nessuno possa ripagarli, né ricordi chi sia stato e dove sia fuggito l’usuraio che ha dato vita alla truffa di credere che le favole esistono.

continua...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Forse un po' in ritardo, forse no, ho trovato il tempo di leggerla finalmente.
E devo dire, sorridendo, mentre asciugo una lacrima calda che ha avuto il coraggio di arrivare fino in fondo al mio collo, che scrive proprio come ho sempre immaginato.
Mi ritrovo certe sere a sentire la sua mancanza in classe, ma non solo, a tal punto che la gola inizia a farmi male e gli occhi diventano pensanti come la cartella del mercoledì.
"Valentina, hai proprio il pianto facile.."
Me lo sento dire dalle elementari, quando la nostra maestra di italiano, furbescamente, ci fece completare la storia di un povero fantasmino che veniva lasciato in disparte da tutti proprio per il suo essere un fantasmino. Fra le varie possibilità, al primo posto io misi "si chiuse in camera a piangere".
Alzo la punta del nasino verso il cielo, e penso che dopotutto piangere non dev'essere per forza un difetto. Ognuno di noi ha il suo modo di porsi verso il mondo, di affrontare quello che di storto si ritrova di fronte. Poco importa se in un primo momento la vista mi si annebbia per le lacrime, ciò che importa è avere sempre pronto un tergicristallo per occhi, magari una caramellina all'arancia, e trovare la forza di sorridere per affrontare le difficoltà.
E' pensiero comune infatti che le difficoltà esistono per essere superate, come fa un corridore coi suoi ostacoli.
E' un peccato non affrontarle, ci si perde il momento in cui ci si volta e si diventa un po' fieri di sè, fieri del percorso che si è fatto.
Se c'è una cosa che ammiro in lei, e che ho imparato da lei, è proprio quella di saper sorridere anche di fronte alle paure, a quelle prove che in un primo momento ci sembrano sempre così impossibili, e perché no, anche di fronte a uno spietato ma simpatico al tempo stesso professore di scienze.
Durante l'ultima lezione su Manzoni mi sono sorpresa a isolarmi dalla classe, e a cercare di immaginare che tutte le notizie che stavo ascoltando riguardo la redazione del Fermo e Lucia le stesse dicendo lei, con la sua voce dolce e rassicurante.
Poi è suonata la campanella, e come fossi stata l'Aulisi, sono scesa dal tetto e ho preparato le mie cose per tornare a casa.

Potrei andare avanti a scrivere per ore temo, ma la mamma se non stiro qualche cosa potrebbe, come dire, alterarsi un pochetto!

Anche se non troverò sempre il tempo di lasciarle un commento, passo spesso a leggere quello che scrive, perché mi dà quella giusta spruzzata di peperoncino da mettere nella mia cioccolata calda.

Con un affetto profumato di pandoro e tè caldo..

La sua timida Valentina..

:)