martedì 5 febbraio 2008

Votantonio

Per i più l'atto del voto occupava un posto minimo nella coscienza, era una crocetta da segnare con la matita su di un segno stampato, qualcosa che si doveva fare come era stato loro insegnato con tanta cura [...]. Per altri invece, più emotivi, oppure indottrinati secondo un diverso sistema didattico, la votazione pareva si svolgesse in mezzo a pericoli e inganni; tutto era motivo di diffidenza, d'offesa, di paura.
[I. Calvino, La giornata di uno scrutatore, Oscar Mondadori 1994]

Daniel Pennac sostiene da tempo che il verbo leggere non ha imperativo. Come il verbo amare, d’altro canto, ma in questo caso non serve che qualcuno lo dica, basta respirare o ripensare alle infelicità amorose degli eroi di carta di ogni letteratura.
A questo proposito, Patrizia Valduga scrive che non può leggere un romanzo “che valga la pena” perchè un romanzo deve dare gioia, accidenti, non pena!
Noi, invece, tra poco, dovremo assolvere all’imperativo del voto sperando proprio che ne valga la pena.
Pochi verbi sono più carichi di oneri e sofferenze inerenti e conseguenti al verbo votare.
E non penso tanto al nostro fastidio, che sarà mai quell’imperativo sfacciato che ci chiama al voto dalle locandine elettorali come se fossimo tutti soci e conniventi nella buona e nella cattiva sorte, quanto al lavoro tutt’altro che oscuro e assai compromettente del candidato, che nell’invito alla (sua) scelta deve sorreggersi con sorrisi, proclami, parole che di norma hanno ben altro peso nella società civile.
Immaginate la frustrazione di chi promette libertà e diritti e poi si vede costretto a proporre leggi-porcata.
Immaginate il tormento di chi oggi dichiara guerra ai privilegi e sarà coinvolto, pena il marchio infamante della diversità, nelle nomine di giudici e primari.
Immaginate l’angoscia di chi al posto del senso del dovere e di rispetto verso la Costituzione e il popolo italiano che oggi sbandiera sarà obbligato a servirsi per interessi privati dell’onorevole ruolo che ricoprirà.
È al dramma di tutti costoro che dobbiamo pensare quando, come si dice, nel segreto dell’urna, obbediremo al nostro modesto dovere.
Questa volta potremmo concederci noi un gesto di generosità verso coloro che con tanta prodigalità si sono occupati di noi in questi ultimi dieci, quindici anni: facciamo in modo che nessuno di loro soffra ancora per colpa nostra.

Nessun commento: