lunedì 1 novembre 2010

Favole al telefono

C’era una volta...
...il ragionier Bianchi, di Varese. Era un rappresentante di commercio e sei giorni su sette girava l’Italia intera, a Est, a Ovest, a Sud, a Nord e in mezzo, vendendo medicinali. La domenica tornava a casa sua, e il lunedì mattina ripartiva. Ma prima che partisse la sua bambina gli diceva: - Mi raccomando, papà: tutte le sere una storia.
[...] Così ogni sera, dovunque si trovasse, alle nove in punto il ragionier Bianchi chiamava al telefono Varese e raccontava storie alla sua bambina.
[...] Mi hanno detto che quando il signor Bianchi chiamava Varese le signorine del centralino sospendevano tutte le telefonate per ascoltare le sue storie. Sfido: alcune sono proprio belline.
[Gianni Rodari, Favole al telefono, Einaudi 1983]


Per lavoro ogni tanto ricevo indicazioni dal mio capo e a volte capita che tocchi a me darne ad altri.
Di solito lo facciamo per telefono e risolviamo in questo modo qualunque tipo di necessità comunicativa, come a dire che usiamo le “vie brevi” per raggiungere rapidamente lo scopo e solo dopo, una volta che tutto sembra essere portato a termine, e solo se necessario, si formalizza quanto stabilito con uno scritto ufficiale che resti agli atti.
Nella maggior parte dei casi, come si può ben immaginare, non si scrive nulla, perché basta la voce a tranquillizzare, incaricare, imporre.
Il telefono, dunque, rimane un mezzo potente eppure democratico (tutti lo possiedono e lo usano) e per questa ragione, ne sono certa, il presidente del consiglio se ne serve correntemente.
Usare il telefono è come essere il dominus indiscusso della relazione con l’altro cui è rivolta la chiamata (colui che chiama – fosse pure il partner - interrompe sempre la vita dell’interlocutore, nella sua ignorata declinazione professionale, sentimentale o familiare) e, contemporaneamente, il servus anonimo, nella misura in cui lo strumento usato è ordinario e comune, ai limiti della banalità.
E non deve stupire che un uomo che ama comandare e apparire uguale al comandato (presidente-operaio, editore-lettore et similia), non perda l’occasione più semplice per mostrarsi insieme produttore e spettatore dello stesso film (che ha anche recitato e diretto, tra l’altro). Ed è confuso come spesso capita agli spettatori cui è scappato di mano e di mente l’intreccio; è sorpreso come accade ai troppo giovani che ancora credono a babbo natale (cui continuano a scrivere).
Purtroppo non è consapevole, come invece succede ai più che, passata una certa età, alle favole al telefono non credono più.

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