Non avverto nessuna parentela con chi in treno, invece di aver l’occhio al paesaggio, non importa se visto le mille volte, lo tiene su un libro, sia pure la Commedia.
[Camillo Sbarbaro, Fuochi fatui, in L'opera in versi e in prosa, Garzanti 1985]
Lo sgomento dei militanti di partito, le bandiere ammainate sulle spalle, davanti al numero inverosimile di stranieri sullo stesso marciapiede, in un’attesa comune.
Le chiacchiere inessenziali alla vita (e alla loro giovinezza) di due donne perbene.
Una signora sopravvissuta al passato, quando indossare gli stivali era volgare.
Due ragazzi poco educati, non importa se innamorati.
La differenza dolorosa (nei giubbotti e nelle unghie) tra la gente del centro e quella di periferia.
L’uguaglianza concreta tra i poveri (italiani e stranieri).
Il piede nudo e storpio (per quale male?) del suonatore di fisarmonica in cerca di denaro.
Le borse trattenute con le mani dalle donne e le mani dietro la schiena degli uomini.
Il rapporto numerico tra capelli tinti e naturali.
Le storie che i trentadue passeggeri seduti e i ventisette in piedi nascondono sotto i vestiti.
...che poi le giornate si ricordano per come sono rifinite negli orli.