C’è insomma chi privilegia l’attenzione per ogni attimo vissuto e chi non se ne preoccupa, più intento al raggiungimento di uno scopo. Si tratta di due stili filosofici diversi, già precoci, che siglano l’origine del temperamento contemplativo che potrà prevalere in noi o, viceversa, della vocazione indomita, pratica, concitata che ci caratterizzerà.
[Duccio Demetrio, Filosofia del camminare, Raffaello Cortina 2005]
Il ragazzino seduto accanto si distrae con il suo iPhone in un luogo e in un momento che non ammetterebbero distrazioni. Un corpicino lungo dieci anni e un oggetto lieve come il mondo legati indissolubilmente contro l’assedio della noia da obbligo.
L’istinto alla censura è sopraffatto dalla tenerezza e dalla pena che sia necessaria un’appendice di sé per dare aria ai pensieri, che la propria immaginazione non sia sufficiente per immaginare la libertà.
Suo padre, lì accanto, è più fortunato, i sogni coltivati fissando il soffitto o la punta delle scarpe l’hanno allenato alla distrazione silenziosa e socialmente trasparente.
Il desiderio di fuga si può ereditare ma l’esercizio di se stessi altrove un po’ meno.
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