Carta e penna sono di
uso generale e, così si crede, la lingua italiana, il cui vocabolario fra
l’altro va sempre più comodamente riducendosi. Quindi il tassista come il
cardiologo, il commercialista come il portiere prima o poi un romanzo rischiano
di scriverlo. [...] L’unica modesta proposta che ho avuto occasione di fare per
arginare l’ondata è il razionamento della carta: tot carta pro capite, e deve
bastare per tutta la vita.
[G. Cherchi, Scompartimento per lettori e taciturni,
Feltrinelli 1997]
Va bene, ci ho provato.
Nel dubbio ho tolto, agendo in osservanza della “legge
Fruttero”, che non a caso è l’autore citato nell’ultimo blog dell’anno scorso,
e nel rispetto del "comandamento Cherchi”, che è stata e resta un riferimento
morale, prima ancora che letterario.
Ho provato il silenzio, l’ho cercato anzi, (an)negando le
parole.
Una specie di dichiarazione di voto per il futuro, insomma,
o di vita, fate voi.
Non è che non abbia funzionato, anzi. Ma, poi... mi è sembrato
di capire che il silenzio del mare ha bisogno di voce e scrittura perché sia
silenzio vero, vera resistenza ai tempi infelici.
Riproviamo.
1 commento:
E' bello leggere di nuovo i suoi pensieri e vedere che lascia il silenzio ad altri.
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