giovedì 12 febbraio 2009

Ciao E.

La sfida tecnologica a prolungare la vita ha gradualmente avuto la meglio sulla qualità della vita vissuta. Processi pericolosi e insidiosi ci hanno fatto perdere di vista fino a che punto il nostro modo di vivere sia più importante del momento in cui moriamo. 
[…] L’arroganza della medicina scientifica alimenta crescenti aspettative pubbliche di perfetta salute e tenace longevità e questi processi sono sfruttati con avidità da giornalisti e uomini politici e, soprattutto, dall’industria farmaceutica.
[Iona Heath, Modi di morire, Bollati Boringhieri 2008]

Appena qualche attimo prima di morire, appoggiata al nocciòlo del giardino, l’Annina emerse dall’ombra in cui la sua mente si era nascosta da molti anni e all’improvviso, in quei brevi istanti che la morte ancora le concesse, […] l’Annina ricordava con chiarezza di avere vissuto.
[Ugo Riccarelli, Il dolore perfetto, Mondadori 2005]

Più che la storia di una povera figlia, questa è la storia di due padri.
Procreare e accudire figli bambini, questo hanno avuto in comune. Poi basta, le loro strade si sono divise. Non tanto per la politica o per il credo, quanto per l’idea stessa di paternità che hanno scelto di interpretare anno dopo anno.
E quando, un giorno, entrambi si sono chiesti a che serva un padre e quale sia il suo compito nei confronti dei figli ormai grandi, si sono risposti in maniera inconciliabile.
L’uno ha creduto che un padre è tale e lo rimane quando insegna e impone ai figli di aggrapparsi e a tutto quello che toccano: lo studio, il lavoro, l’amore, la vita. “Fai come me, figlia mia: lotta, costruisci il tuo futuro, non mollare mai. Chè la vita è tua, qualunque cosa accada. Tutto è possibile se solo lo vuoi. Vedi? Anch’io non invecchio, perché non voglio invecchiare: mi tingo, faccio diete, dico ciò che voglio senza pensarci troppo, come i giovani.
Avere, progettare e sperare di avere tutto, carriera e figli, bellezza e potere, questo devi fare figlia mia. Tuo padre è maestro, stagli vicino e non sbaglierai. Io solo, che ti ho messo al mondo e in un certo senso ti possiedo, so qual è il tuo bene”.

L’altro ritiene che il bene sia parola troppo ingombrante anche per un padre. Non si può conoscere il bene dell’altro senza sovrapporre il desiderio del proprio.
Quando le cose vanno bene, non c'è bisogno dell'ombra di chi ti ha messo al mondo. 
Invece un padre può solo dimostrare di essere tale nei momenti difficili, quelli del rifiuto e del dolore, stando magari in silenzio e cercando di ricordare le parole dette e i pensieri discretamente taciuti, aiutandoti a capire se i segnali della vita vanno nella direzione che vorremmo. 
Questo padre vorrebbe insegnarti che puoi diventare davvero grande solo se impari a lasciare più che a prendere, come sta facendo lui in questo momento. Che amare non significa trattenere a tutti i costi, perché, quasi sempre, chi pensa di lottare per qualcuno o per qualcosa, lotta solo in nome del proprio egoismo e della propria incapacità di accettare, appunto, che la vita sia solo un prestito da restituire. E così sia.

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