domenica 13 dicembre 2009

La finestra sul cortile

In russo mentire non significa esattamente ingannare, ma dire cose superflue.
[A. Anedda, La luce delle cose, Feltrinelli 2000]

“Trenta dì conta novembre con april, giugno e settembre, di ventotto ce n’è uno, tutti gli altri ne han trentuno”. Così un tempo, la filastrocca aiutava i più competitivi a concludere che per sette a cinque vincono i mesi con trentuno giorni. I lenti e riflessivi invece ragionavano sul fatto che, a parità numerica di giorni, dicembre è il peggiore perché, pur di non finire, gioca ad allungare la sua lungaggine e allargare le sue giornate fino a stipare i suoi minuti con tutte quelle attese e aspettative, desideri e auguri, brindisi e pranzi, baci e abbracci che non sapresti davvero dove mettere in un mese qualsiasi.
Insomma, dicembre è un superlativo assoluto, il mese dei mesi che non può accettare di regalare giornate normali: vuote o infelici, silenziose o malate.
Dicembre si è persino regalato un calendario tutto suo, quel calendario dell’avvento con tanto di finestre che i più piccoli cominciano ad aprire dal primo giorno del mese.
“Ehilà… sono un mese condominio – sembra gridarci – non ve ne siete accorti? E abitato solo da belle persone, sia ben chiaro. Guardate infatti le mie finestre: disegni colorati che evocano bontà e dolcezza! Se poi avete qualche spicciolo in più potrete anche gustarlo il sapore dei miei giorni: comprate un calendario più ricco e ogni finestrella sarà allietata dalla nascita di un cioccolatino…”.
Un mese pieno di sé, si può ben dire, anche se ci lascia aprire le sue finestre...
Eppure questa faccenda è piuttosto intrigante.
Che sia dicembre l’inventore delle finestre? E quindi anche dell’idea di poter guardare e immaginare dentro e fuori, di avere occhi come abiti, da fuori e da dentro?
Se mi chiedessero di imparare di nuovo i nomi dei mesi tralasciando il superfluo (incredibile dictu, qualcuno teorizza l'esistenza e la superiorità del sapere necessario...), farei a meno volentieri di dicembre, non ho dubbi.
Mi terrei le sue finestre, però.
Così, tanto per usarle all’occorrenza nell'afa di luglio o nel gelo di gennaio, quando le storie degli altri poveri mariaegiuseppe, dentro, fuori e intorno a noi, non riusciamo e non vogliamo vederle proprio mai.

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