mercoledì 10 ottobre 2007

pensa un po'

Un format televisivo di grande successo, italiano ed europeo beninteso, prevede che i concorrenti della trasmissione scelgano la risposta giusta, a una data domanda di argomento vario e sempre diverso, tra una rosa di possibili scelte che viene fornita dal conduttore. Fin qui nessuno stupore, anche se magari il quiz dei nostri ricordi non si presentava come un test a risposta multipla, ma come un esercizio di memoria e il prodotto di una conoscenza che faceva di tutto per apparire solida, seppure in un determinato ed esclusivo ambito. I tempi cambiano, si sa.
Il problema è un altro. E a me crea un’insofferenza per la quale cambio canale.
Prima di dare la risposta giudicata corretta i concorrenti sono implicitamente ma rigorosamente tenuti (suppongo sia un obbligo cui sono vincolati nel momento in cui vengono selezionati) a esprimersi con un ragionamento articolato (?) sui motivi dell’esclusione o della scelta tra le varie opzioni a disposizioni.
Ai più la cosa sembra piacere o comunque non pare ci sia nulla di irritante.
Che c’è di strano se mentre prepari la minestra senti uno che ragiona a voce alta, con un coinvolgimento intellettuale di caratura universitaria, facendo ricorso al suo passato di studente, di lettore onnivoro, di nipote di professori universitari o frugando tra il suo presente di cittadino sensibile ai problemi della comunità, di padre che segue i figli negli studi, di lavoratore felice di esserlo, e si chiede se lo scalogno sia il maschile della scalogna, una malattia prodotta dagli acari, l’abito dei sacerdoti di Aton o una pianta della Liliacee? Nulla, in effetti. Anzi, ringraziamo gli ideatori del programma che portano lo stesso sapere enciclopedico nelle cucine, nelle stanze d’ospedale, nelle sale d’attesa e anche nelle galere. Tutti uguali insomma (ma per la televisione non è una novità), tutti sapremo che cosa sia lo scalogno, e vivremo infelici ma sapienti.
Mentre il nostro concorrente ragiona e ragiona, e ci mostra abilità logiche e dialettiche, il nostro brodino cuoce e ai nostri figli che protestano perché vorrebbero una pizza e ci chiedono perché non possano essere accontentati, ci sentiamo rispondere, semplicemente: “Perché no”.
O, magari, mentre ascoltiamo in pigiama il nostro uomo che ha già escluso la veste sacerdotale e si sta arrovellando per i suoi scarsi ricordi della morfologia nominale, passa il medico di turno che preghiamo di aiutarci a capire come poter convivere con la malattia appena accertata e ci sentiamo rispondere: “Non so che dirle, se ne faccia una ragione, sa quanti sono come lei”.
E se un nostro collega ci dovesse dire, a fronte di una richiesta di spiegazione per un comportamento scorretto: “Non ho niente da dirti, se ti va bene è così, altrimenti fattela andare bene”, non serve indignarsi o stupirsi di noi stessi o degli altri.
La vita non è un format. Non fa audience. Il più delle volte non paga.
Dunque non serve ragionare. Potremo continuare a essere infelici, sapienti e indisponenti, tanto nessuno si accorgerà.
Perché pensare è un virus contagioso quando ha i lustrini, ma piuttosto che rischiare ogni giorno un’epidemia meglio farsi un vaccino di quotidiana incomunicabilità.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Eccomi finalmente approdata nel suo blog...Leggo il sottotitolo e la mia mente vola fino ad una mattina di, ormai, quasi quattro anni fa, quando, nel corso dell'autogestione, lei ci lesse quella poesia di Campana...Giusto settimana scorsa, ritrovai il block notes su cui l'avevo scritta, insieme a tanti titoli di libri da lei citati.
Leggo le sue parole nel blog e mi immagino di averla davanti, in quell'aula piccola piccola e dalle pareti di cartongesso, con gli schiamazzi della classe accanto in sottofondo e tredici ragazze che la ascoltano...
Sentimentalismi a parte (stava per scendere la lacrimuccia), sempre più spesso mi sembra di avvertire lo stesso disagio, o, meglio, la stessa mancanza, lo stesso muro ben eretto dinnanzi a me, nel momento in cui si domanda semplicemente "Perchè?". Nessuno ci obbliga a dare spiegazioni, a ragionare nella vita reale. Sarà per questo che amo tanto la Filosofia...Perchè non posso fare a meno di chiedermi..."Perchè?"!
Complimenti per il blog...è bellissimo, e continuerò a visitarlo per sentire ancora vicina a me la mia Prof preferita! :)
Carolina